Anomalie Servizi PCT – Consultazione

Si comunica che a causa di anomalie da parte del Sistema Ministeriale (non di Servicematica), si stanno verificando delle interruzioni temporanee nei sistemi di consultazione dei fascicoli telematici.

Consigliamo di ripetere l’operazione in un secondo momento, se non dovesse andare a buon fine.

Non ci sono comunicazioni da parte del Ministero sulle tempistiche di risoluzione del problema.

Ricordiamo che sarà possibile depositare telematicamente con Service1 seguendo l’apposita guida al seguente link LINK GUIDE


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Export: più danni dalla crisi tedesca che -forse- dai dazi

La crisi economica che ha colpito la Germania negli ultimi due anni ha comportato un danno di 5,8 miliardi di euro per il nostro sistema produttivo. Nel 2023, il valore delle esportazioni verso il mercato tedesco è diminuito di 2,7 miliardi, mentre nei primi dieci mesi del 2024 (secondo gli ultimi dati statistici disponibili) la contrazione ha raggiunto i 3,1 miliardi. Pertanto, sebbene numerosi imprenditori e l’opinione pubblica in generale esprimano una marcata preoccupazione per le conseguenze negative che l’introduzione dei dazi da parte Amministrazione Trump potrebbe arrecare alle nostre imprese esportatrici, la crisi tedesca degli ultimi due anni ha già generato e potrebbe continuare a produrre danni significativamente più gravi. Infatti, non si può escludere che, come avvenne nel 2019 a seguito dell’implementazione delle barriere commerciali sempre introdotte da Trump, le ripercussioni commerciali negative possano risultare meno gravose di quanto ipotizzato. È vero che nel 2020 le nostre vendite negli Stati Uniti sono diminuite di 3,1 miliardi; tuttavia, è probabile che tale calo sia stato principalmente influenzato dal crollo del commercio mondiale causato dall’insorgere della pandemia, piuttosto che dai dazi “innalzati” dal governo statunitense. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA.

  • Al netto del 2020, le nostre esportazioni in USA sono costantemente in crescita dal 2010

Ad eccezione del 2020 – anno caratterizzato dall’innalzamento negli USA dell’aliquota daziale media al 10 per cento sui prodotti importati e dagli effetti del Covid – l’export italiano verso gli Stati Uniti è in costante crescita dal 2010. Se quindici anni fa esportavamo prodotti per 20,3 miliardi di euro (pari al 6 per cento dell’export nazionale totale), nel 2023 abbiamo toccato i 67,2 miliardi di euro (10,7 per cento del totale) di export verso gli USA, che diventano così, dopo la Germania, il secondo Paese per destinazione dei nostri prodotti. Pur collocandosi sempre sul secondo gradino del podio, nei primi 10 mesi del 2024 (ultimo dato in cui le statistiche sono disponibili), rispetto allo stesso periodo del 2023, le nostre vendite negli USA sono diminuite di quasi 1,5 miliardi di euro (-2,7 per cento); una contrazione in termini percentuali più contenuta rispetto al crollo registrato verso la Germania (-4,9 per cento), ma superiore a quello riconducibile con la Francia (-2,1 per cento).

  • Dazi: danni da 3,5 miliardi. Medicinali/farmaci, auto e navi i prodotti più a rischio

Secondo l’OCSE, l’eventuale introduzione di dazi al 10 per cento sull’intera gamma dei prodotti e dei servizi importati dall’UE, provocherebbe una riduzione in termini economici delle esportazioni italiane verso gli USA pari a 3,5 miliardi di euro che salirebbe a 10/12 miliardi nel caso l’aliquota fosse elevata al 20 per cento.  Quasi sicuramente i settori più penalizzati sarebbero quelli che ad oggi hanno un tasso di penetrazione nel mercato statunitense più significativo. Ricordiamo, infatti, che nel 2023 le vendite di medicinali e di prodotti farmaceutici hanno cubato 7,7 miliardi di euro, gli autoveicoli 4,9 e le navi/imbarcazioni 4,2. Seguono i macchinari, le bevande (in particolare i vini), i prodotti petroliferi e l’abbigliamento.

  • Lombardia, Emilia Romagna e Toscana le più a rischio

Le aree regionali più vocate all’export verso gli USA sono la Lombardia (14,2 miliardi), l’Emilia Romagna (10,4), la Toscana (9,1), il Veneto (7,5) e il Piemonte (5,5). Complessivamente, la quota esportata da queste cinque realtà territoriali sul totale nazionale verso gli USA sfiora il 70 per cento. E’ significativo il dato riconducibile alla Campania che esporta ben 2,6 miliardi (tra auto, prodotti alimentari e aeromobili). Un importo, quest’ultimo, leggermente superiore a quello riferito al Lazio.

  • Le nostre imprese che esportano in USA sono “solo” 44mila

Come richiamato più sopra, il Paese a stelle e strisce rappresenta il secondo mercato di sbocco per le esportazioni italiane, con un valore annuale che supera i 67 miliardi di euro, pari al 10,7 per cento dell’intero export nazionale. Il numero degli operatori commerciali italiani attivi negli Stati Uniti è relativamente contenuto, ammontando a poco meno di 44mila unità; a questo dato, però, si devono aggiungere anche le imprese dell’indotto che, purtroppo, non sono contabilizzate nelle statistiche Istat.

  • Oltre ai dazi e alla crisi tedesca, preoccupa anche il caro energia

Gli aumenti del prezzo del gas verificatosi in queste prime settimane dell’anno non lasciano presagire nulla di buono e, secondo le stime dell’Ufficio studi della CGIA, nel 2025 le bollette potrebbero costare all’intero sistema imprenditoriale italiano ben 13,7 miliardi di euro in più rispetto al 2024, pari a un aumento del 19,2 per cento. In totale, la spesa complessiva dovrebbe toccare gli 85,2 miliardi: di questi, 65,3 sarebbero per l’energia elettrica e 19,9 per il gas. A pagare il conto più salato dovrebbero essere le imprese del Nord. Questa ripartizione geografica, infatti, “ospita” buona parte dello stock delle imprese presenti nel nostro Paese e, conseguentemente, dovrà farsi carico della quota parte di aumento più consistente; praticamente quasi quasi due terzi dell’aggravio complessivo. Queste stime si basano su un’ipotesi del prezzo medio dell’energia elettrica nel 2025 di 150 euro per MWh e del gas a 50 euro per MWh; mantenendo così una proporzione di tre a uno tra le due tariffe, come si è verificato nei due anni precedenti. Per quanto riguarda i consumi, si è fatto riferimento ai dati del 2023 e si è ipotizzato che rimangano costanti anche nei successivi due anni. Se analizziamo questo costo aggiuntivo stimato di 13,7 miliardi di euro per quest’anno, notiamo che quasi 9,8 miliardi (+17,6 per cento rispetto al 2024) riguarderebbero l’energia elettrica e 3,9 miliardi (+24,7 per cento) il gas. In buona sostanza, tra le preoccupazioni legate ai dazi, gli impatti della crisi in Germania e l’aumento dei costi energetici, il panorama complessivo continua a presentarsi con sfumature piuttosto cupe.


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Cassazione: niente patrocinio infedele senza attività dinanzi all’autorità giudiziaria

Con la sentenza n. 4587/2025, la Cassazione penale ha parzialmente accolto il ricorso di un avvocato colpito da una misura interdittiva che aveva fatto credere ai clienti di svolgere normalmente la propria attività. Il legale, pur avendo accettato mandati difensivi per cause civili e penali senza mai dare effettivo seguito alle pratiche, si era visto contestare diversi reati, tra cui truffa, esercizio abusivo della professione, falso e patrocinio infedele.

Tuttavia, la Suprema Corte ha escluso la configurabilità del tentativo di truffa e del patrocinio infedele in specifiche circostanze, dichiarando l’illegittimità della condanna.

Il tentativo di truffa non sussiste se il compenso non è incassato

Uno degli episodi contestati riguardava un mandato ricevuto dall’avvocato per instaurare una causa di risarcimento, mai effettivamente avviata. Il professionista aveva falsamente comunicato al cliente di aver ottenuto un titolo per 10mila euro, versando persino degli acconti per simulare un accordo transattivo, quando in realtà le somme provenivano direttamente dalle sue risorse personali.

I giudici di merito avevano ritenuto che questa condotta integrasse il tentativo di truffa, considerando il profitto ingiusto legato al compenso pattuito, seppur dovuto solo al termine della transazione. La Cassazione, invece, ha escluso la configurabilità del reato, sottolineando che il compenso non era ancora esigibile, né era stato incamerato.

Nessun patrocinio infedele senza attività dinanzi all’autorità giudiziaria

In un altro episodio, l’avvocato era stato condannato per patrocinio infedele e truffa per aver accettato un incarico senza poi avviare l’azione richiesta. Il cliente lo aveva incaricato di impugnare un licenziamento e chiedere il risarcimento danni, ma l’azione non era mai stata promossa.

Secondo la Cassazione, però, il patrocinio infedele presuppone l’effettivo svolgimento di attività davanti all’autorità giudiziaria, anche se non strettamente processuale. Nel caso in esame, poiché il professionista non aveva mai avviato la causa civile, il reato non poteva essere contestato.

La sentenza chiarisce quindi i confini della responsabilità penale degli avvocati in situazioni di inadempimento professionale, distinguendo tra omissioni gravi e condotte penalmente rilevanti.


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Enti pubblici, AIGA: “L’affidamento degli incarichi legali non sia lesivo della figura dell’avvocato”

L’Associazione Italiana Giovani Avvocati condivide e fa proprie le criticità rilevate dalle Sezioni Aiga del Foro di Foggia e di Bari e invita la Giunta Comunale di Foggia a ritirare la Delibera n. 14 del 31 gennaio scorso, avente ad oggetto i criteri per l’affidamento di un incarico legale da parte dell’Ente Pubblico, rielaborandola nel rispetto delle norme in materia e dei principi costituzionali.

La delibera prevede, tra gli altri requisiti, che l’incarico legale debba essere affidato ad un professionista “appartenente ad un Foro estraneo all’ambito regionale, nel perseguimento della massima imparzialità e buon andamento”.

Il presidente nazionale Aiga, Carlo Foglieni, afferma: “È illegittimo, oltre che lesivo della dignità dell’avvocatura, in particolar modo dei Fori pugliesi, precludere in radice la possibilità di partecipare ad una selezione pubblica esclusivamente in ragione del Foro di appartenenza, ancor più se tale determinazione viene giustificata dalla necessità di garantire massima imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione. L’avvocato, di qualsiasi Foro esso sia – prosegue il presidente Aiga – è deontologicamente obbligato a svolgere l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza. Ecco perché ogni preclusione a monte in ragione del Foro di appartenenza costituisce un pregiudizio lesivo per l’intera categoria professionale”.


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Patrocinio gratuito, OCF denuncia il blocco pagamenti dei difensori

Roma, 6 febbraio 2025 – L’Organismo Congressuale Forense denuncia l’inaccettabile stallo nei pagamenti ai difensori che hanno garantito assistenza legale ai cittadini beneficiari del patrocinio a spese dello Stato.

Da mesi gli avvocati attendono di essere pagati per il lavoro svolto, mentre il Ministero della Giustizia resta immobile. I fondi destinati a questi compensi sono esauriti da ottobre, e in molti Fori la crisi era già evidente da tempo. Avvocati che hanno emesso fattura in autunno confidando in un pagamento dovuto per legge sono ancora in attesa, senza alcuna certezza su quando e se riceveranno il compenso.

Questa situazione non è solo il risultato di uno stanziamento insufficiente, ma l’ennesima dimostrazione di una gestione politica e amministrativa non responsabile. Il Ministero della Giustizia continua a ignorare un problema strutturale, mescolando i fondi destinati al patrocinio gratuito all’interno della voce di bilancio 1360, insieme a spese completamente diverse e non rinunciabili, come trasferte di funzionari, indennità per periti e testimoni, costi di estradizione e notifiche di atti esenti. Un vero e proprio caos contabile che impedisce di garantire il diritto alla difesa per chi non ha mezzi economici, violando l’articolo 24 della Costituzione.

In questo modo si mette in ginocchio la giustizia per i più deboli. Sempre più avvocati, esasperati da questa situazione, si stanno cancellando dagli elenchi dei difensori per i non abbienti e perfino dalle liste dei difensori d’ufficio. Questo vuoto rischia di privare le persone più vulnerabili della tutela legale a cui hanno diritto, con conseguenze gravissime per l’intero sistema giudiziario.

L’OCF esige un intervento celere: il pagamento immediato degli arretrati, la separazione dei fondi destinati al patrocinio da altre voci di bilancio e un’adeguata previsione di risorse nel bilancio del Ministero della Giustizia.


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Carceri, altri 15 milioni di euro per lavoro detenuti, psicologi e mediatori culturali

Roma, 6 febbraio 2025 – Proseguono gli stanziamenti del Ministero della Giustizia per rinnovare il sistema dell’esecuzione penale in modo da coniugare certezza della pena e rieducazione del condannato, come previsto dall’art. 27 della Costituzione.

In attuazione di quanto previsto nell’Atto di indirizzo del Ministro della Giustizia per il 2025 e al fine di rafforzare le attività trattamentali per il reinserimento socio-lavorativo dei detenuti sono stati stanziati attraverso la Cassa delle Ammende (ente vigilato del Ministero della Giustizia) 9 milioni di euro per incrementare le opportunità di lavoro professionalizzanti, 5,5 milioni di euro per aumentare gli interventi degli esperti psicologi negli istituti penitenziari e 800 mila euro per rafforzare la presenza di mediatori culturali.

Tali stanziamenti, rinnovati per il terzo anno consecutivo, si inquadrano nell’ambito di una più ampia azione di sistema finalizzata a migliorare le politiche sociali in ambito penitenziario volte al reinserimento stabile nella società e, conseguentemente, ad abbattere il fenomeno della recidiva.

Sono inoltre in corso di realizzazione altri interventi per oltre 270 milioni di euro, già finanziati dai fondi strutturali europei per l’inclusione sociale delle persone in esecuzione penale.

Grazie al coordinamento interistituzionale tra Ministero e Regioni saranno infine realizzate azioni per il coordinamento delle politiche di coesione con interventi di formazione professionale e inserimento lavorativo dei detenuti.


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Cassa Forense, disponibili i moduli di pagamento per i contributi minimi 2025

A partire dal 4 febbraio 2025, gli avvocati possono generare e stampare i moduli di pagamento per le prime tre rate dei contributi minimi 2025. Lo ha reso noto la Cassa Forense, invitando gli iscritti ad accedere alla propria area riservata sul sito dell’ente utilizzando i codici personali Pin e Meccanografico.

La prima scadenza è imminente: il termine per il pagamento della prima rata è fissato al 28 febbraio 2025, seguito dalle successive date del 30 aprile e del 30 giugno. La quarta e ultima rata, in scadenza il 30 settembre 2025, includerà anche il contributo di maternità.

Le tariffe sono calcolate sulla base della contribuzione minima soggettiva e integrativa stabilita dal nuovo Regolamento Unico della Previdenza Forense, in vigore dal 1° gennaio 2025.


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Prescrizione disciplinare per gli avvocati: il limite resta 7 anni e mezzo

Nei procedimenti disciplinari a carico degli avvocati, l’azione si prescrive sempre entro sette anni e mezzo. A ribadirlo è la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 2313/2025, accogliendo il ricorso di un legale che era stato sospeso per due mesi dall’esercizio della professione forense.

Il caso: sospensione e ricorso in Cassazione

Il professionista era stato sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Torino per presunte violazioni del Codice deontologico forense, tra cui negligenza nell’adempimento del mandato e mancata informazione ai clienti. Il procedimento si era concluso con la sospensione, ma l’avvocato ha impugnato la decisione sostenendo che l’azione disciplinare fosse ormai prescritta.

L’articolo 56 della legge 247/2012 stabilisce infatti che la prescrizione per l’azione disciplinare è di sei anni, con possibilità di proroga fino a un massimo di un quarto in caso di interruzione, portando il termine complessivo a sette anni e mezzo. Nel caso in esame, essendo trascorso un periodo superiore, l’azione disciplinare doveva ritenersi estinta.

La decisione delle Sezioni Unite

Accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha confermato che la prescrizione nei procedimenti disciplinari forensi segue criteri di natura penalistica. A differenza della disciplina precedente, di stampo civilistico, in cui ogni interruzione faceva ripartire il termine, la nuova normativa prevede che il periodo massimo non possa mai superare i sette anni e sei mesi.

Nel caso specifico, essendo trascorso questo termine per tutti i capi d’accusa, l’azione disciplinare è stata dichiarata prescritta, con conseguente annullamento della sanzione.

Le spese processuali compensate

Un ultimo aspetto evidenziato dalla Corte riguarda la sopravvenuta maturazione della prescrizione durante il giudizio di Cassazione, che ha giustificato la compensazione delle spese di lite tra le parti.


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Avvocati e pubblicità: il nome del cliente resta riservato

Un avvocato non può divulgare il nome dei propri clienti per fini promozionali, nemmeno riprendendo articoli di stampa che già contengano l’informazione. A ribadirlo è il Consiglio Nazionale Forense (CNF) con la sentenza n. 294 del 5 luglio 2024, che ha confermato la sanzione dell’avvertimento inflitta a un professionista per aver violato il codice deontologico forense.

Il caso: autocelebrazione e sanzione disciplinare

Il legale in questione aveva pubblicato sul proprio sito web e nella newsletter dello studio un articolo di stampa che riportava il suo ruolo in una complessa acquisizione societaria, indicando anche il nome del cliente assistito. La comunicazione, dai toni enfatici e promozionali, è stata segnalata anonimamente al Consiglio Distrettuale di Disciplina, che ha avviato un procedimento disciplinare e inflitto la sanzione.

A nulla sono valse le difese dell’avvocato, secondo cui non vi sarebbe stata violazione dell’art. 35, comma 8, del Codice Deontologico Forense (CDF), poiché l’informazione era già di pubblico dominio. Il CNF ha rigettato questa tesi, chiarendo che il divieto non può essere aggirato tramite la riproduzione di notizie di terzi, se lo scopo è l’auto-promozione.

Il divieto deontologico e la sua ratio

L’art. 35, comma 8, CDF stabilisce che l’avvocato non può divulgare il nome dei clienti, neppure con il loro consenso. La norma tutela due principi fondamentali:

  • La riservatezza e il decoro professionale: il nome del cliente potrebbe rivelare informazioni sensibili sulla sua situazione legale, esponendolo a strumentalizzazioni.
  • L’indipendenza dell’avvocato: il professionista deve mantenere una posizione super partes, evitando di sfruttare i propri assistiti per fini pubblicitari.

Il CNF ha ribadito che la professione forense ha una valenza pubblicistica e non può essere equiparata a un’attività commerciale, dove la promozione del brand è la norma.

La decisione del CNF: confermata la sanzione

Confermando l’avvertimento, il CNF ha evidenziato che la violazione del divieto deontologico si realizza anche quando l’avvocato riproduce notizie già pubblicate, se lo fa con finalità promozionali. Un principio che riafferma l’importanza della discrezione nella professione legale e il rispetto delle regole di condotta stabilite dall’ordinamento forense.


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Stretta sulle importazioni di basso valore: la Commissione UE rafforza i controlli sul commercio elettronico

La Commissione Europea ha annunciato un nuovo pacchetto di misure per affrontare i rischi derivanti dalle importazioni di basso valore vendute tramite rivenditori online e marketplace di paesi terzi. L’iniziativa, contenuta nella comunicazione “Un pacchetto completo di strumenti dell’UE per un commercio elettronico sicuro e sostenibile”, mira a rafforzare i controlli doganali e a tutelare la concorrenza leale tra le imprese europee.

Secondo i dati della Commissione, nel 2024 sono stati registrati circa 4,6 miliardi di spedizioni di basso valore – pacchi dal valore inferiore ai 150 euro – con un incremento esponenziale rispetto agli anni precedenti. Molti di questi prodotti non rispettano la normativa europea, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza dei consumatori e sull’impatto ambientale delle spedizioni di massa. Inoltre, i venditori europei, vincolati da standard rigorosi, rischiano di subire una concorrenza sleale da parte di operatori che non rispettano le regole del mercato unico.

Le misure proposte: controlli e sanzioni più severe

Il piano della Commissione prevede diversi interventi chiave:

  • Riforma doganale: si propone l’eliminazione dell’esenzione dai dazi per le spedizioni sotto i 150 euro e il rafforzamento dei controlli doganali, con una maggiore condivisione dei dati e un sistema avanzato di analisi dei rischi.
  • Azioni coordinate per la sicurezza dei prodotti: verranno intensificati i controlli sulle merci importate e verranno promosse indagini per individuare e rimuovere dal mercato prodotti non conformi. Saranno previste sanzioni più severe per gli operatori recidivi.
  • Protezione dei consumatori online: la Commissione intende applicare con maggiore rigore il Digital Services Act e il Digital Markets Act, per garantire che i marketplace online rispettino le normative europee sulla sicurezza dei prodotti e sulla trasparenza delle vendite.
  • Tecnologia al servizio dei controlli: verranno adottati strumenti digitali avanzati, come l’uso dell’intelligenza artificiale per monitorare il commercio elettronico e individuare prodotti potenzialmente pericolosi. Si prevede inoltre l’introduzione del “passaporto digitale dei prodotti”, per tracciare l’origine e la conformità delle merci.
  • Sostenibilità ambientale: Bruxelles promuoverà iniziative per ridurre l’impatto ambientale delle spedizioni, tra cui nuove regole sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti e misure per una gestione più sostenibile dei rifiuti.
  • Cooperazione internazionale: verranno organizzati programmi di formazione per sensibilizzare gli operatori economici sui requisiti di sicurezza dell’UE e verranno esaminati eventuali casi di dumping e sovvenzioni sleali.

Prossimi passi e valutazioni future

La Commissione invita gli Stati membri e tutte le parti coinvolte a collaborare per l’attuazione delle misure proposte. Entro un anno verrà pubblicata una relazione sugli effetti delle nuove iniziative e, se necessario, verranno introdotte ulteriori azioni per rafforzare la conformità e la sicurezza del mercato unico.

Il commercio elettronico rappresenta una grande opportunità per i consumatori e per le imprese europee, ma la sua crescita deve avvenire in un quadro normativo che garantisca equità, sicurezza e sostenibilità. Con questo pacchetto di misure, Bruxelles intende assicurare che il mercato digitale rimanga competitivo e protetto dalle distorsioni causate da pratiche commerciali sleali.


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